mercoledì 22 settembre 2010

200 a. C. : l' èra è iniziata (quella dei Pesci), la situazione è grave ... ora serve un Messia !

Prima di raccontare qualcosa sul Festival della filosofia svoltosi a Modena, Carpi e Sassuolo dal 17 al 19 settembre u.s., per concludere la serie di articoli precedenti sull'èra dei Pesci volevo ricordare un po' la situazione della Palestina e del popolo giudaico all'epoca d'inizio di questo nuovo 'mese cosmico', inizio che - come abbiamo visto - avvenne intorno al 206 a.C.

Nel III secolo a.C. la Palestina - come leggiamo in E. Schuerer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo, vol. I, p. 193 - aveva fatto parte, con brevi intervalli, del regno ellenistico-egizio dei Tolemei. "All'inizio del secondo secolo [battaglia di Panias del 200 a.C.], tuttavia, Antioco il Grande [di Siria] fu in grado di assicurarsi il possesso durevole della Fenicia e della Palestina, e allora i Seleucidi subentrarono ai Tolemei nel dominio sul popolo giudaico."
Cultura e civiltà greca già dal tempo di Alessandro Magno avanzavano ovunque in Medioriente e naturalmente neppure la piccola Giudea poteva sottrarsi a questa continua avanzata dell'ellenismo. Fu in questo periodo che due partiti opposti sorsero all'interno della società giudaica, quello degli ellenisti e quello dei 'pii' o hasidim, essendo questi ultimi i rigidi difensori dell'antica fede giudaica.
Questi, in grande sintesi, i problematici lineamenti culturali e politici del popolo giudaico all'epoca in cui Antioco IV Epifane di Siria - re dal 175 al 164 a.C. - assunse il potere, succedendo al fratello Seleuco IV assassinato da un suo ministro. La carica ereditaria di sommo sacerdote israelita era detenuta allora dall' hasidim  Onia III, mentre capo della fazione grecofila era suo fratello Gesù o, con il nome greco che preferiva, Giasone.

Questi decenni e anni prima della vittoriosa rivolta dei Maccabei sono anche gli anni in cui un gruppo spirituale - i precursori degli Esseni di Qumran - incomincia a fare setta a sè e, guidato da un Maestro di giustizia, inizia a rielaborare la dottrina giudaica, attribuendo grande enfasi alla conoscenza - ricevuta per mezzo di rivelazione - delle giuste 'vie' del Signore (conoscenze astronomiche secondo me). Nel cosìdetto Documento di Damasco di questa comunità leggiamo:

.. Ma nel suo ricordo del patto con gli antenati [Dio] lasciò un resto ad Israele e non li abbandonò alla distruzione. E nel tempo della collera, trecento e novant'anni dopo che li aveva consegnati in mano a Nabucodonosor, re di Babilonia, egli li visitò e da Israele e da Aronne fece germogliare la radice d'una pianta destinata ad ereditare la sua terra e ad ingrassarsi con i beni del suo suolo.Ed essi compresero la loro iniquità e riconobbero di essere uomini colpevoli: erano stati come ciechi e come coloro che cercano la strada a tastoni, per vent'anni.
[da L. Moraldi (a cura di), I manoscritti di Qumran, Tea ed., Milano 1999, p. 226]

Nella mia interpretazione, questa teofania che accompagnò la nascita della 'radice coltivata' (il Maestro di giustizia), questa visita di Dio compiuta 390 anni dopo il 597 a.C. (data d'inizio dell'esilio babilonese) - quindi all'incirca nel 207 a.C. - è  la congiunzione Giove-Saturno singola della fine di giugno 205 a.C. nella costellazione dei Gemelli.

Che anche questo gruppo auspicasse l'arrivo, l'avvento di un salvatore del popolo giudaico,di un messia magari più spirituale di quello sognato/atteso dai movimenti politici (penso alla rivolta maccabaica), ciò si può comprendere leggendo un significativo ed emblematico passo degli Inni (Hodayot) di Qumran
[L. Moraldi, op. cit., p. 411]:

.. e colui che farà germogliare
il virgulto di santità
per la piantagione di verità
rimarrà nascosto,
di modo che non si penserà a lui,
non sarà conosciuto
e il suo mistero rimarrà sigillato.

A pag. 351 del suo volume citato, il prof. Moraldi ricorda che la maggioranza dei qumranisti colloca a "poco dopo l'anno 152 [a.C.]" l'epoca di composizione degli Inni di Qumran e che detta composizione è "strettamente connessa al maestro di giustizia e soprattutto con gli inizi della comunità".

Dunque ben prima di Virgilio e lontano da Roma, in quella Palestina sottomessa ora agli uni, ora agli altri, ora ad altri ancora, c'era già - (almeno) un secolo e mezzo prima del sorgere del movimento cristiano - una viva attesa per l'arrivo/avvento di un puer miracoloso o di un Messia in grado di sollevare definitivamente le sorti - per alcuni politiche, per altri spirituali - del popolo giudaico.

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