martedì 22 marzo 2011

Wozu dichter? A che, a che scopo poeti?

Riordinando la montagna, anzi l'altopiano, di libri che sono sulla mia scrivania grande, mi è tornato tra le mani Holzwege, cioè Sentieri erranti nella selva (ed. Bompiani, II ed., 2006), una raccolta di saggi - ora 5° volume della GesamtAusgabe - scritti da Heidegger nel periodo 1935-1946, raccolta pubblicata nel 1950.  E' un volume che ho comperato già da parecchi mesi, in uno degli Arion Days in cui questa catena libraria di Roma vende al 25% di sconto, ma che finora - preso da tante altre questioni - non avevo neppure aperto.
Scorrendo l'indice mi è capitato sotto gli occhi e mi ha incuriosito Wozu dichter? del 1946, qui tradotto (p. 317) con A che poeti?, un saggio che finora avevo sempre tralasciato e che invece ho scoperto ora essere un lavoro esegetico di Heidegger tutto dedicato alla poesia di Rilke (anzi principalmente di Rilke ma anche di Hoelderlin). Questa cosa mi ha sorpreso non poco, perchè - come sa bene chi mi segue già da tempo - di R. M. Rilke io ho già pubblicato qui varie poesie, ritenendole .. come dire .. poesie esoteriche, in qualche modo legate alla tematica di fondo di questo blog, la storia dell'Essere ovvero la Seins-
geschichte: mi sovvengono ora almeno le due sull'unicorno (Einhorn) più quella (Sieh den Himmel) ove si parla della 'sternische Verbindung' e si constata che a volte ' i due sono una sola cosa'. Il fatto di scoprire ora che l'ermetico Martino della Foresta nera ha dedicato un saggio di 62 pagine a poesie di Rilke (che, detto per inciso, NON sono quelle che hanno finora attirato la mia attenzione), .. beh .. questo fatto mi riempie di orgoglio e mi conferma nell'intuizione precedentemente avuta che Rilke è inserito a pieno titolo in quella catena di letterati tedeschi o di lingua tedesca (ma non solo) che esotericamente hanno tramandato in Europa, a cavallo del cambio di secolo e nei primi decenni del XX secolo, magari con qualche imprecisione sui particolari astroNomici della faccenda, i fondamenti della storia dell'Essere.

Scorrendo velocemente queste 62 pagine, un brano di Heidegger mi ha colpito, questo (p. 325):

"Non siamo preparati all'interpretazione delle Elegie e dei Sonetti [di Rilke]; infatti la regione da cui essi eloquiano non è stata ancora sufficientemente pensata, nella sua costituzione e unità metafisica, sulla base dell'essenza della metafisica. Pensare così tale regione resta difficile per due motivi. In primo luogo, perchè lingo la strada onto-storico-destinale la poesia di Rilke rimane dietro, per rango e per luogo di stanza, rispetto a Hoelderlin. In secondo luogo, perchè noi conosciamo a mala pena l'essenza della metafisica e siamo inesperti nel dire dell'Essere".

Se sul confronto Hoelderlin-Rilke potrei forse anche convenire (diversamente dal primo poeta Rilke non potè avere, nella sua breve vita, l'ispirazione legata all'esperienza diretta della fenice: ecco perchè - forse - scrisse più spesso di unicorni), è l'ultima frase di Heidegger ("In secondo luogo, ..) a suscitarmi qualche problema. Nel senso che da questa frase, scritta nel 1946 (quindi mentre la Germania era una distesa di macerie occupata da 4 eserciti vincitori), non si capisce bene se - come si dice a Roma - Heidegger c'è o ci fa ... da limitato conoscitore dell'essenza astronomica della metafisica e da inesperto dicitore delle problematiche del Sein/Seyn. Sul fatto che se non inesperto sia stato comunque un dicitore molto reticente ed ermetico dell'Essere, su ciò si può senz'altro convenire. Invece se abbia conosciuto a malapena o in dettaglio l'essenza della metafisica, questa questione la lascerei ancora aperta, anche se mi piace ricordare che alla sua baita di  Todtnauberg ricevette anche visite di fisici famosi.

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