Ho partecipato ieri pomeriggio 14 aprile all'affollatissimo incontro-dibattito che si è svolto a Roma, nella stupenda Sala Igea di Palazzo Mattei, sede - tra l'altro - dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondato da G. Treccani.
Quest'incontro è stato il primo dei tre (gli altri due si terranno a Milano il 20 e a Genova il 21) programmati dalla Mikedo Film in occasione dell'attesa uscita anche in Italia di Agorà, il film su Ipazia dello spagnolo A. Amenabar, prevista per il 23 aprile.
A turni di 15-20 min hanno parlato di Ipazia cinque relatori di alto livello, nell'ordine Luciano Canfora, Silvia Ronchey, Giulio Giorello, Gabriella Caramore e Carlo Ossola, mentre fungeva da moderatore-presentatore il giornalista Antonio Gnoli. Da tutti gli interventi e dalla proiezione di spezzoni del film è emerso chiaramente quanto fosse caotica e pericolosa l'atmosfera ad Alessandria d'Egitto una ventina di anni dopo che il cristianesimo era stato dichiarato religione di stato (Teodosio 391-392), cento anni dopo che Costantino lo aveva ammesso (313) come religio licita, una tra le altre i cui culti erano permessi.
In un clima di montante fondamentalismo, alimentato e gestito prima dal vescovo Teofilo, poi - a partire dall' ottobre 412 - dall'ancor più fanatico nipote Cirillo, l'estremismo cristiano si riversò dapprima sulla comunità ebraica della città e poi su quella pagana, che aveva Ipazia - filosofa, astronoma e matematica, oltre che bella donna - come esponente di primissimo piano e la biblioteca del Serapeo come centro di riferimento culturale.
Dell'esito drammatico di questo acceso fondamentalismo cristiano alessandrino ho già detto in un post precedente. Le squadracce dei parabalanoi (chierici 'picchiatori' più che 'barellieri') al servizio di Cirillo, il futuro santo e Doctor Incarnationis (così lo proclamerà Leone XIII nel 1882), agirono sia su Ipazia che sulla Biblioteca con il vero e proprio intento di cancellarli per sempre dalla storia: la prima fu massacrata e letteralmente fatta a pezzi, la seconda -raccolta di tutta cultura elaborata fino a quel momento - incendiata e distrutta.
A distanza di ormai quasi sedici secoli da quei giorni drammatici del marzo 415 possiamo fortunatamente dire che nè l'una cosa nè l'altra è riuscita al Doctor Incarnationis Cirillo (citato con grande rispetto in Vaticano anche di recente): la memoria di Ipazia è ancora e sempre più viva, grazie alle opere (libri ed ora il film in arrivo) che continuamente la ricordano, e anche la Biblioteca di Alessandria d'Egitto è risorta con l'aiuto dell'Unesco e della comunità internazionale.
Il che dimostra che a lungo andare intolleranza e violenza non possono mai averla vinta.
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