lunedì 19 giugno 2023

Sul misterioso disaccordo DANTE - GUIDO CAVALCANTI: " .. UNA SCURITATE LA QUAL DA MARTE VENE"

A
tutti gli italianisti, italiani e stranieri, e a tutti gli appassionati della letteratura italiana delle origini sono note due cose, la prima delle quali è che ad un certo punto vi fu - per motivi non ancora chiariti in questi primi sette secoli di esegesi - un dissidio tra Dante ed il suo "primo amico" Guido Cavalcanti, più grande di lui di una decina d'anni.
La seconda è che nella canzone considerata il manifesto dottrinale di Guido Cavalcanti, cioè in Donna me prega, parte di una tenzone con Guido Orlandi ma da molti critici vista anche come risposta polemica alla Vita Nova dantesca, è nominato - con un riferimenro tutt'ora non chiarito - il pianeta Marte come origine di una certa oscurità  ("scuritate") amorosa.
Anticipando quel che forse scriverò in un saggio più dettagliato, dirò qui ed ora che la mia proposta di chiarimento di questi due punti si basa su una particolare interpretazione dei primi cinque paragrafi della Vita Nova (partizione Balbi), fondata sulla "tendenza dantesca a reinterpretarsi a posteriori" (R. Rea 2021, p. 17).
Dante iniziò a scrivere la Vita Nova e a sistematizzare la sua produzione lirica precedente già diffusa quando ebbe capito che il fenomeno planetario filosoficamente e teologicamente significativo ('beatificante') era la congiunzione Giove-Saturno e che quindi il pianeta luminoso di cui seguire le evoluzioni non era Marte (il pianeta 'rosso'), come lui molto probabilmente aveva inizialmente creduto, ma appunto Giove.
Tracce di questa convinzione iniziale e del necessario riaggiustamento nella ricostruzione a posteriori al momento della stesura del prosimetro sono in VN-II ("Beatrice.. apparve vestita di nobilissimo colore, umile ed onesto sanguigno,.."), in VN-III nella descrizione del primo sogno ("Nelle sue (di Amore) braccia mi parea vedere una persona dormire nuda, salvo che 'nvolta mi parea in un drappo sanguigno leggermente;..") e soprattutto nella fantasiosa scenetta di VN-V ("una gentile donna" seduta su "la retta via" visiva Beatrice-Dante): la "gentile donna schermo della veritade", che altro non è che figura allegorica appunto del pianeta Marte, a volte fisicamente interposto tra l'osservatore e la più lontana coppia Giove-Saturno in congiunzione.
Ecco lo studio del moto dei tre pianeti esterni in quel torno di tempo (vedansi i surriportati grafici longitudine-tempo), diciamo dal 1283 al 1287, dimostra facilmente che la situazione descritta da Dante nella parte in prosa dei primi paragrafi della Vita Nova (VN-V e segg.) non poteva verificarsi e non si è verificata: quando Marte si è trovato tra Giove e Saturno a 20°-25°(a fine del 1284 ed all'inizio del 1287) i tre erano invisibili perché avevano tutti longitudine molto simile a quella del sole; e quando la congiunzione Giove-Saturno era stretta (inverno 1285) il pianeta Marte praticamente in fase stazionaria ("sedea una gentile donna") era quasi all'opposizione (153°-179°) della coppia G-S e non allineato con essi.  
In definitiva è (molto) probabile che Cavalcanti abbia rimproverato a Dante una certa confusione mentale, una certa iniziale oscurità .. teorica ("la qual da Marte vene") sulla dinamica dei pianeti che voleva allegorizzare nella sua poetica del tempo. 

Ecco questa descritta è la mia proposta per iniziare a chiarire i molti punti finora oscuri che riguardano la Vita Nova, Donna me prega, la storia del rapporto Dante-Guido, l' evoluzione del concetto di Beatrice in Dante, ... ... ... Spero di poterne parlare presto di persona e senza fretta (cioè non in 15 minuti) in qualche seminario organizzato in qualche università italiana o straniera da qualche membro del gotha dantistico nazionale o internazionale incuriosito ed interessato dalla mia proposta interpretativa. 

domenica 4 giugno 2023

L' UNICORNO del RE DI NAVARRA TEOBALDO I (21.09.1246)

La congiunzione Giove-Saturno singola
culminata il 21 settembre 1246 
nella costellazione della Vergine (confine Libra)
Thibaut (1201-1253), IV conte di Champagne e poi I re di Navarra, è una figura intrigante per vari motivi: innanzitutto per essere il trovatore più importante del suo tempo, citato come tale - una sessantina di anno dopo la sua morte - anche da Dante nel suo De Vulgari Eloquentia, poi per avere scritto - già una quarantina di anni prima di Guido Cavalcanti - un sonetto ove viene citato l' unicorno o liocorno o monokeros, il mitico animale da me riconosciuto (già quindici anni fa) come immagine allegorica delle congiunzioni Giove-Saturno singole. Scrisse Thibaut:

Ausi com l' unicorne sui

qui s'esbahist en regardant

quant la pucelle va mirant ... ...

Ecco, pur conoscendo per ora solo superficialmente sia Thibaut IV de Champagne che tutti i trovatori, io propongo agli studiosi del settore (ad iniziare dal prof. Canettieri della Sapienza, dai ricercatori E.F. Di Meo, M. Bisceglia, ..) una possibile motivazione e datazione della suddetta canzone dell' unicorno di Thibaut, legate all'osservazione da parte sua negli anni 1246-47 della visibilissima congiunzione Giove-Saturno singola che culminò il 21 settembre 1246 tra le stelle della costellazione della Vergine (vicino al confine con la Bilancia).