La storia prende l'avvio con la morte del re d'Inghilterra Giorgio III, avvenuta il 29 gennaio 1820 al castello di Windsor. Il regno di questo re, terzo della dinastia reale tedesca degli Hanover, ma primo ad essere nato in Inghilterra e a parlare inglese come lingua madre, era stato molto lungo, essendo durato dal 1760 al 1820, anche se negli ultimi dieci anni il re era stato completamente esautorato a causa delle sue numerose malattie fisiche e mentali. Numerose e lunghe guerre caratterizzarono il regno di Giorgio III sia in Europa, che in Africa, America ed Asia; tra queste quelle che portarono alla nascita degli Stati Uniti d'America e quelle contro la Francia rivoluzionaria e poi napoleonica, periodo che si concluse solo nel 1815.
Su questa figura controversa e discussa di regnante, che non doveva essere molto amata in Inghilterra se un suo primo ministro (Spencer Percival) era stato anche assassinato, su questa figura il poeta di corte Robert Southey scrisse e pubblicò nel 1821 una lunga ed elogiativa ode dal titolo A Vision of Judgement ove lui immaginava l'ascensione al cielo dell'anima del re, il favorevole giudizio su di essa da parte di una corte celeste, la conseguente ammissione in paradiso e la riunione di essa con quelle di tutti i suoi familiari e degli altri regnanti.
Quest'ode suscitò in tutto il mondo letterario e giornalistico inglese un'ondata di vivaci proteste e feroci critiche, di cui si fece poi portavoce finale il trentatreenne Lord Byron, che era stato tirato in ballo da Southey come presunto capofila di una "Satanic school". L' anno successivo 1822, con lo pseudonimo di 'Quevedo Redivivus' Byron pubblicò una ironica e sarcastica replica dal titolo The Vision of Judgment, ora famosa, ove immaginava la stessa scena ma da una prospettiva politica completamente differente.
Quel che io ho notato in tutta questa poetica storia di visioni e di

"With regard to the supernatural personages treated of, I can only say that I know as much about them, and (as an honest man) have a better right to talk of them than Robert Southey. I have also treated them more tolerantly. The way in which that poor insane creature, the Laureate, deals about his judgments in the next word, is like his own judgment in this. If it was not completely ludicrous, it would be something worse. I don't think there is much more to say at present."
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