lunedì 12 dicembre 2011

Amare e possedere

Tra i libri acquistati di recente che ho iniziato a sfogliare (non ancora a studiare con piena attenzione) c'è La fede filosofica di K.Jaspers, edizione italiana della Raffaello Cortina ed. A pag. 17 il traduttore e curatore (Umberto Galimberti) riporta una citazione di Jaspers che mi ha suscitato un dubbio. Vi riporto la citazione poi vi dico il dubbio.

"Il termine greco filosofo (philosophos) è stato foggiato in contrapposizione al termine sophos. Esso sta a significare colui che ama la conoscenza (il sapere), in contrapposizione a colui che, possedendo la conoscenza, è detto sapiente. Questo significato della parola è a tutt'oggi ancora valido."


Poste le cose così, cioè fatta la netta distinzione tra l'amare semplicemente la conoscenza ed il pienamente possederla (cioè averla fatta propria, almeno in qualche ambito), si potrebbe anche pensare che il filosofo sia uno che ama parlare e discettare di tutto senza avere alcuna conoscenza approfondita delle cose di cui parla, cioè senz'essere sapiente in alcun ambito.
Mi pare che Jaspers, dicendo che i due termini sono tutt'oggi ancora contrapposti (lui scriveva  quella frase nel 1953), escluda la possibilità che vi siano filosofi sapienti ovvero sapienti filosofi in grado di comprendere e chiarire quella che Galimberti chiama ripetutamente l' "ascosità dell'essere".

E' proprio per questo motivo, questa esclusione, che introducendo Jaspers Galimberti può scrivere che:

"Essa [filosofia] non è più il 'sistema' che con le sue categorie logiche afferra e organizza il reale per dominarlo, ma è la 'via' che si incammina verso la verità (auf dem Wege der Wahrheit), lungo sentieri non più regolati dalla norma razionale del giorno (das Gesetz des Tages), ma dalla passione per la notte (die Leidenschaft zur Nacht), la cui oscurità è più consona all'ascosità dell'essere e al limite delle possibilità umane che il pensiero occidentale ha tentato inutilmente di oltrepassare."

Il mio commento a questa frase è che la sua genericità e fumosità e la sottolineatura di presunti limiti del pensiero occidentale (e umano in generale) siano lì ad indicare che una filosofia così concepita arriverà alla sua meta, alla verità, non prima del 3000.. quando dai 7 miliardi attuali l'umanità sarà arrivata.. chissà dove.. chissà a quanto .. e chissà come.

Il dubbio che ho, per concludere, è di natura personale. Mi vengo chiedendo se, con le scoperte fatte e con gli interessi che ora coltivo (e nonostante tutto), io debba sentirmi più un sapiente filosofo oppure un filosofo sapiente.

Auf bald, Giuseppe.

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