Nel volume dei Quaderni neri GA94 (da pochi giorni disponibile anche in italiano) c'è - su questa questione - un'interessante riflessione del filosofo, che vale la pena riportare: è la n. 265 del IV libro delle Ueberlegungen. Dice:
"Sein und Zeit" gegenueber den Nachweis erbringen, dass darin nicht das "Volk" und die "Volksgemeinschaft" als "Sinnemitte", ja sogar ueberhaupt angesetzt und gennant seien, heisst soviel, wie einer Tanne gegenueber zu beweisen, dass sie nicht die Leistung eines Rennwagens aufbringe. Am Ende vermag die Tanne als Tanne immer noch Jenes, was der Rennwagen nie leisten wird, so laut und so rieseg sein Auftreten auch sein mag. So will "Sein und Zeit" etwas, was in der Stille bleibend weit vorausgreift allem Gerede vom "Volk" in der ploetzlich uebereifrig "voelkisch" gewordenen "Scheinphilosophie".

IV-265. Offrire - di fronte ad Essere e Tempo - la dimostrazione che in esso il "popolo" e la "comunità di popolo" non sono affatto posti e nominati come "centri di senso", è come - di fronte ad un abete - dimostrare che esso non sa offrire le stesse prestazioni di una macchina da corsa. In definitiva l'abete, in quanto abete, è sempre capace di compiere ciò di cui un'auto da corsa non sarà mai capace, per quanto rumoroso ed imponente possa essere il suo arrivo. Analogamente Essere e Tempo vuole qualcosa che, restando in silenzio, precorre di gran lunga tutto ciò che si può dire del "popolo" nella 'filosofia apparente', diventata improvvisamente entusiasticamente "nazionalista".
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