
Leggo nell'Introduzione del curatore, Manlio Simonetti, che non è ancora risolto il problema della datazione di questo testo teologico, questione che "si ripercuote sul significato stesso da attribuire a quest'opera di Gregorio nel contesto più generale della sua attività letteraria, e perciò sul modo in cui noi possiamo ricostruire lo sviluppo e la maturazione del suo pensiero." Vi sono al riguardo, apprendo, due scuole di pensiero: quella di Daniélou e Jaeger che ne fissano la stesura "a qualche anno dopo il 390" e quella di Heine secondo cui il vescovo di Nissa scrisse quest'opera circa dieci anni prima, tra il 380 ed il 384. Il curatore dell'edizione Valla-Mondadori è propenso a fissare la composizione dell'opera "intorno al 390".
Secondo me, la data di stesura di quest'opera è l'anno 392, per il motivo principale che proprio in quell'anno (cfr. grafici qui sotto a destra) si ebbe una ripetizione del fenomeno astronomico delle congiunzioni tra Giove e Saturno, considerato _vera e propria teofania nella religione mosaica_ dopo il rientro in Palestina da Babilonia, cioè all'epoca del Secondo tempio.

Alle pagine 19-20 del volume, scrive Gregorio ricostruendo la cd vita di Mosè: "20. Trascorso un certo tempo in questo modo di vita - racconta la storia - (Mosè) ebbe una meravigliosa apparizione divina: in pieno mezzogiorno un'altra luce, più forte di quella del sole, lampeggiò ai suoi occhi ed egli, stupito per l'inconsueto spettacolo, alzò lo sguardo verso il monte e vide un cespuglio da cui scaturiva luce come fuoco, mentre i rami crescevano alimentati dalla fiamma ...".
Secondo me, fu proprio l'approssimarsi di questo fenomeno e poi il suo culminare ai primi di ottobre del 392 (ottant'anni dopo Ponte Milvio e mentre il cristianesimo veniva proclamato unica religione dell'impero romano) a spingere Gregorio di Nissa a scrivere la sua Vita di Mosè, dandone un'interpretazione allegorica piuttosto trasparente ancorchè opportunamente criptica.
Con il che si è dimostrata una volta di più l'efficacia della nuova ermeneutica, da qualcuno già indicata come l' ermeneutica di Giuseppe.
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