L' idea di dover precisare il mio pensiero relativamente ai termini citati nel titolo mi è venuta leggendo il libricino di Ilario Bertoletti Massimo Cacciari, Filosofia come a-teismo, Ediz. ETS, Pisa 2008, comperato qualche hanno fa ma finora rimasto lì e mai letto, nel quale ho incontrato appunto quei termini (homoousios ed homoousion) in lunghi e confusi brani che l'autore riprende da Dell' Inizio, Adelphi 1990, appunto di Cacciari.
Documentandomi un po' in rete (es.: https://en.wikipedia.org/wiki/Homoousion ), ho appreso che quei termini - di uso corrente da parte degli gnostici nel II secolo (es. Basilide lo usa già verso l' AD 150 per parlare di una "tripla figliolanza consustanziale") - furono nei secoli successivi al centro di innumerevoli dispute teologiche cristiane sulla natura del Figlio rispetto a quella del Padre e sulle relazioni tra le tre persone della Trinità.
L'interpretazione che - nel quadro del mio paradigma ermeneutico - io dò ai termini dell' area semantica che ruota intorno ai termini "ousia"/"parousia" è basata sull'ipotesi che questo/i termine/i deve/devono aver avuto accanto al significato di natura o essenza anche quello temporale di presenza e arrivo.
Ne segue che homoousion doveva indicare - un po' come il Seiende im Ganzen heideggeriano - non solo cioè che era della stessa natura (planetaria) ma anche ciò che era contemporaneamente presente (un ente composto), ovvero ad esempio una congiunzione planetaria del tipo Giove-Saturno (i noti figlio e padre, dei del tempo, della mitologia greca). E analogamente per l' aggettivo homoousios: indicava che uno dei due era lì, presente contemporaneamente all' altro (di pari natura, cioè rispetto a lui consubstantialis).
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domenica 29 aprile 2018
sabato 21 aprile 2018
1821-22: HEGELs PHOENIX - La FENICE di HEGEL
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