Visualizzazione post con etichetta Manuale di zoologia fantastica. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Manuale di zoologia fantastica. Mostra tutti i post

domenica 5 agosto 2012

Borges e la fenice

Dicevo nel post precedente che non mi era ancora chiaro se e quanto Borges avesse capito di cosa si cela dietro l'immagine allegorica della fenice. A distanza di una decina di giorni le cose non sono cambiate molto, anche se nel frattempo ho avuto modo di leggere La secta del Fénix, che l'argentino pubblicò nel 1952 e ancora nell'ampliamento delle sue Ficciones del 1956.
Dico subito e francamente che a me queste tre paginette e mezza (tanto occupa questa finzione nel I vol. di Borges, Tutte le opere, Mondadori ed.) non sono piaciute affatto. Mi è sembrata tutta un'affabulazione fantasiosa, contraddittoria in certi suoi passi, arbitrariamente supponente ed enigmatica, come se l'autore volesse dare ad intendere di sapere molto più - su questa presunta setta - di quanto effettivamente sa. Secondo lui il segreto della setta consisterebbe in un rito di iniziazione durante il quale un mistagogo [facendo uso (?!) di materiali quali il sughero, la cera, la gomma arabica e/o il fango] inizierebbe il nuovo adepto ai misteri della setta.
Il segreto - secondo Borges - si trasmetterebbe di generazione in generazione, ma non sarebbero nè le madri nè i sacerdoti a trasmetterlo: "..; l'iniziazione al mistero è compito degli individui più bassi. Uno schiavo, un lebbroso o un mendicante fanno da mistagogo. Anche un bambino può indottrinare un altro bambino. L'atto in sé è banale, momentaneo e non richiede descrizione. ... Non ci sono templi dedicati specialmente alla celebrazione di questo culto, ma una rovina, un sotterraneo o un androne si ritengono luoghi propizi."
Capisce ciascuno che in mezzo a questo guazzabuglio di descrizioni è assai difficile intuire se Borges alludesse per caso a qualche segreto legato a congiunzioni di tipo planetario (io penso proprio di no, penso di poterlo escludere con assoluta certezza) o non per caso a qualche altro tipo di relazione/unione tra iniziatore e nuovo adepto, come molti hanno pure supposto.

Quel che ancora mi fa pensare che Borges forse, dico forse, qualcosa potesse sapere - magari vagamente - sul contenuto astronomico dell'allegorico mito della fenice è quanto egli riporta (non è detto da chi, da quale autore) sulla fenice cinese (pag. 67 del Manuale di zoologia fantastica, Einaudi tascabili):
"Nel I secolo avanti Cristo, l'arrischiato ateo Wang Ch'ung negò che la fenice appartenesse ad una specie fissa. Dichiarò che come il serpente si trasforma in pesce e il topo in tartaruga, il cervo, in epoche di prosperità generale, suole assumere forma d'unicorno, e l'oca di fenice. Attribuiva questa mutazione allo stessso 'liquido propizio' che, duemilatrecentocinquantasei anni prima dell'era nostra, aveva fatto sì che nel cortile di Yao, uno degli imperatori modello, crescesse erba di colore scarlatto. Come si vede la sua informazione era difettosa; o meglio, eccessiva."

Precisato che Wang Ch'ung o Chong è vissuto nel I sec. dopo Cristo e non prima, io interpreto questo brano - di cui Borges non fornisce la fonte - come un'allusione alla congiunzione Giove-Saturno tripla che ebbe luogo a cavallo degli anni 2350-2349 aC (quindi proprio all'epoca del leggendario imperatore Yao Di) nella costellazione della Vergine. Se il brano citato da Borges provenisse direttamente o indirettamente da fonti cinesi, ciò proverebbe che congiunzioni G-S venivano osservate e registrate in Cina già 120 anni prima dell'epoca di Naram-Sin in Mesopotamia, contemporaneamente e similmente a quanto veniva fatto ad Eliopolis in Egitto.

Dirò per concludere che, in base all'ancora limitata conoscenza che ho delle sue opere, la mia prima impressione su Borges e la tematica in oggetto è che a lui fosse forse arrivata in qualche modo qualche vaga informazione che la fenice doveva avere un qualche significato nascosto, esoterico, MA che lui di fatto non sia mai venuto compiutamente a capo del vero significato del mito. E che abbia - in definitiva - solo orecchiato un po' quel che si diceva in giro, riportandolo in modo volutamente  enigmatico e fantasioso.

martedì 24 luglio 2012

Non so se e quanto Borges aveva capito ...

Come avrò sicuramente già detto, uno dei più gustosi passatempi del periodo estivo è per me quello di cercare libri interessanti sulle bancarelle dell'usato. E' così che l'altroieri, dopo una rapida sfogliata, sono venuto in possesso - per la modica somma di 2 euro - di un libricino dell'Einaudi  (ed. 1998) di Jorge Luis Borges dal titolo Manuale di zoologia fantastica, un 'bestiario' di animali fantastici ove tra l'altro si parla - naturalmente - anche di fenice e di unicorno.
Curioso di vedere cosa il famoso scrittore argentino scriveva sui due mitici animali, che io interpreto come allegorie di precisi fatti astronomici (i due fondamentali modi delle congiunzioni planetarie tra Giove e Saturno), ho trovato a pag. 64 un capitoletto intitolato La fenice, a pag. 67 uno dal titolo La fenice cinese, a pag. 140 uno dal titolo L'unicorno e a pag. 142 L'unicorno cinese.

Mentre il primo e il terzo degli articoli riportano notizie piuttosto tradizionali, quello dedicato alla fenice in Cina mi ha intrigato di più per un brano - ove si cita anche l'imperatore Yao Di (24° sec. aC) - che mi ha dato da pensare e da fare qualche calcolo e qualche verifica con il mio programma planetario. Ma di ciò e degli interessanti risultati trovati vi parlerò prossimamente. Ho intanto, proprio stasera, scoperto che J.L. Borges ha scritto nel 1952 anche un breve racconto dal titolo La setta della fenice, pubblicato nell'edizione 1956 delle sue Ficciones (Finzioni, Adelphi ed.), che ovviamente dovrò leggere quanto prima.